Brindisi,
16/03/2012
Le associazioni sull'iscrizione nel registro degli indagati di 4 dirigenti Enel
Con l’avviso di conclusione delle indagini della Procura della Repubblica di Brindisi ha fatto un significativo passo in avanti l’inchiesta sull’inquinamento dei terreni adiacenti alla centrale a carbone di Cerano. Un inquinamento che ha procurato gravi danni agli abitanti della zona e ai lavoratori agricoli che dal 2007 subiscono le conseguenze dell’ordinanza con la quale il Sindaco di Brindisi Mennitti sospendeva i lavori di coltivazione a tutela della salute pubblica.
L’Enel esprime “la piena convinzione di avere sempre operato nel rispetto delle leggi e nell’interesse della collettività”. Vorremmo che le cose stessero come dice l’Enel perché si tratta di una azienda di grande rilievo nazionale ma saranno ovviamente i giudici a fare chiarezza e a dire al riguardo la parola definitiva. Intanto non può che destare preoccupazione il fatto che ancora una volta l’Autorità giudiziaria conduce indagini sull’operato dell’Enel in ordine a comportamenti che potrebbero rivelarsi in aperto contrasto proprio con quell’”interesse della collettività” al quale fa riferimento la citata nota della società elettrica. Un interesse che certo viene mortificato, a prescindere dall’esito delle inchieste penali, quando si è sordi alle richieste della società civile e delle sue rappresentanze istituzionali e si tiene ferma l’irragionevole pretesa di impiegare nella centrale di cerano una quantità di carbone tale da costituire grave e permanente pericolo per la salute dei cittadini a partire da quelli che lavorano nel predetto impianto.
Quanto alla centrale di brindisi nord non possiamo non rilevare quanto siano contradditori e quindi poco credibili i discorsi di chi al tempo stesso prospetta la chiusura dell’impianto e parla di misure di ambientalizzazione nello stesso. A suo tempo la politica sbagliò quando consentì la realizzazione di una centrale a carbone praticamente a ridosso del centro abitato e quindi oggi tocca alla politica assumersi la responsabilità trovare una soluzione rivolta ad assicurare il raggiungimento di due obbiettivi irrinunciabili: la salvaguardia del diritto al lavoro dei dipendenti Edipower e la chiusura dell’impianto con le conseguenti bonifiche. Esattamente quanto prevedeva la convenzione del 1996: un documento accantonato e tradito che, rifuggendo da deprecabili ricatti, puntava a tutelare con la stessa determinazione lavoro e salute.
A Taranto si è cercato di correlare l'inquinamento ambientale con lo stato di salute dei lavoratori e delle popolazioni più prossime all'impianto, analogamente ci aspettiamo che anche a Brindisi si verifichi che la dispersione di sostanze pericolose nell'ambiente non abbia prodotto un numero di malattie e di decessi maggiore di quello atteso in condizioni di non inquinamento.
COMUNICATO STAMPA CONGIUNTO
Italia Nostra, Legambiente Brindisi, WWF Brindisi, Fondazione “Dott.
Antonio Di Giulio”, Fondazione “Prof. Franco Rubino”, A.I.C.S., ARCI, ACLI Ambiente, Forum ambiente salute e sviluppo, Medicina Democratica, Salute Pubblica, Lipu, Comitato per la Tutela dell’Ambiente e della Salute del Cittadino, Comitato cittadino “Mo’ Basta!”, Comitato Brindisi Porta d’Oriente.
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