II- LE DONNINE DELL’ANTICA ELLADE
Come è noto, nella civiltà greca classica, i costumi sessuali erano molto permissivi ed emancipati (ma non era per niente emancipata la condizione della donna sposa, privata della facoltà di partecipare alla vita pubblica e relegata ai fornelli e a tessere tele come la povera Penelope, esempio antonomastico di moglie fedele ad oltranza).
Come in altre civiltà antiche, anche nel mondo greco la prostituzione, sia maschile che femminile, era abbondantemente praticata (molti soggetti erano schiavi deportati e venduti a tenutari).
Si tenga presente che a quei tempi e fino a tutto il Medio Evo, la morale c’entra poco con l’atto prostituivo, disdicevole non perché abietto, ma in quanto segno di classe sociale infima e povera.
La prostituzione maschile non era vietata da nessuna legge.
Unica conseguenza, per i giovani prostituti, era subire l’atimia, ossia la perdita dei privilegi riservati ai cittadini ateniesi (perdevano il diritto di partecipare all’assemblea (ecclesie) e di parlare in pubblico (parrusia).
Una delle location più famose dove si trovavano bei giovinetti a disposizione era il monte Licabetto, subito fuori le mura, secondo quanto scritto dal poeta Teopompo.
Il meretricio femminile era regolato da specifiche leggi promulgate da Solone, il padre della democrazia ateniese del V secolo.
Furono istituiti i bordelli (porneioi) dove esercitavano le puttane di bassa lega (pornai) sorvegliate da tenutari (pornoboscoi) i quali rimettevano le tasse ai pornotelones, “responsabili delle tasse sulle puttane”.
Il prezzo base di una prestazione standard venne fissato da Solone in un obolo, la sesta parte di una dracma.
Di livello superiore erano le danzatrici e le suonatrici di flauto, le Aleutridi, ingaggiate per un singolo simposio o noleggiate per più tempo (a questa categoria apparteneva Aspasia, l’amante di Pericle).
In cima alla scala gerarchica venivano le Hetairai (Etére, alla lettera “compagne”), raffinate e colte accompagnatrici, vere antenate delle escort odierne (tra le più famose Lais (o Laide), Lamia, Frine, Filinna, Taide, donna di Alessandro il Grande, citata da Dante alla fine del 18.mo canto dell’Inferno).
Come riferito da Aristotele nella sua Costituzione d’Atene, furono delegati funzionari di polizia, gli Astynomoi, per sorvegliare queste attività e vigilare che i prezzi praticati non superassero quelli stabiliti da apposite tabelle.
Per le pornai un obolo, per le aleutridi massimo due dracme per serata, per le etére fino ad una mina (cento dracme al giorno).
Il poeta comico Filemone (fine IV sec.), mette in bocca ad un personaggio della sua commedia Gli Adelfi questa frase “Ma tu hai trovato una legge di cui tutti possono godere. Tu sei stato il primo, Solone, ad affermare questa pratica democratica”.
In effetti questa normativa era perfettamente in linea con lo spirito delle leggi suntuarie che miravano a proteggere i beni dei cittadini dai pericoli dello spreco e del lusso.
Ad Atene, contrariamente a quanto si può ritenere, il quartiere peccaminoso per eccellenza non fu il Pireo ma il Ceramico, a nord della città, il quartiere dei vasai.
“Le donne, agli angoli delle vie buie, accostano i passanti dicendo loro “Vieni da me, che ho una bella ragazzina…”(Aristofane, Le ecclesiazuse).
Da queste parti gli archeologi rinvennero un sandalo sulla cui suola era incisa la parola akolouthi (seguimi).
I nomi, anzi i soprannomi, con cui erano chiamate le allegre donnine dell’Ellade sono ironici e fantasiosi: L’Italiana, Clessidra (operatrice che badava molto al tempo trascorso), Dolcetta, Gnatena (mascellona), Trota e persino Capra, Occhio di Bove e Ranocchia (phriné).
Gli antichi greci non avevano complessi sessuofobici e, tanto per dare un’idea, accanto al culto di Afrodite Pandemos celebravano anche quello di Afrodite Porné, con un tempio consacrato alla dea-puttana nei pressi di Abydos, sullo stretto dei Dardanelli ed edificato con i proventi del meretricio.
Non dimentichiamo poi che, accanto alle figure del piacere a pagamento, ricoprirono un ruolo importante anche le pallaké, concubine, schiave, comprate a volte anche in comproprietà, con le quali convivere.
Queste e altre gustose notizie potrete trovare leggiucchiando direttamente i testi redatti dai vari Apollodoro, Callistrato, Aristofane, Alcifrone, sino al celebre I dialoghi delle cortigiane composto da Luciano nel II secolo.
…(continua)
Gabriele D’Amelj Melodia
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