Approfondimenti » 23/04/2012
Viaggio intervista nella Brindisi sommersa. Il racconto di Paola Palazzo ed il suo team. Di Ida Santoro
VIAGGIO-INTERVISTA NELLA BRINDISI SOMMERSA
Il racconto di Paola Palazzo e il suo team
di Ida Santoro
Una città, salutata dall’imperatore Federico II “figlia del sole”, intrisa di storia e
mescolanza di genti, con un porto da invidia, un mare immensamente blu e terra fertile.
Nel 1800 uno studioso descriveva i brindisini “abitanti di mente capace ma inclini e piacenti
piuttosto al riposo”, è come se nel tempo questa città avesse perso il senso della storia.
Chissà cosa sarebbe stata Brindisi senza il boom economico, mia madre ogni tanto apre la
finestra sul porto e sogna...
E mesi dopo una serata di fine agosto, con la focaccia della mamma di Terasia gustata sul
porto insieme ad un bicchiere di vino, l'idea di far raccontare cosa accadeva negli abissi di una
città abitata da un popolo dormiente, assuefatto e distratto, che dal 1800 ad oggi ce ne ha
messo a rialzare la testa... Perché ritengo che oggi qualcosa stia cambiando.
Il racconto lo chiedo a Paola, Ilaria, Filippo e Stefania, tre archeologi ed un architetto, che
per sei mesi hanno lavorato insieme a Brindisi nello scavo della Casa del Turista, completato
nel dicembre 2011, e che sono tuttora impegnati negli scavi sul lungomare Regina Margherita.
Persone di provenienza diversa che mi hanno permesso di “toccare” la storia di questa città
insieme al piacere di stare con loro, e che in poco tempo si sono calate perfettamente nel
quotidiano, con entusiasmo e curiosità. I loro occhi hanno visto cose che molti non sanno più
apprezzare, insieme a brutture che occhi assuefatti non vedono più. Ritengo che il loro
contributo vada molto oltre il lavoro nello scavo…
Paola, dopo tanti anni di assenza da Brindisi, ti sei “ritrovata” qui, in un viaggio alla
riscoperta della tua città, ricominciando dagli abissi....
E’ stato un bel viaggio che mi ha permesso di ripercorrere e ricontattare luoghi, volti,
suoni, odori che appartengono ai miei ricordi e a tutto ciò che mi lega alla città in cui sono
nata ed in cui ho vissuto fino alla maggiore età. Rimanere stabilmente a Brindisi per un
periodo lungo sei mesi, non succedeva da molto, forse troppo tempo, circa trent’anni per
l’esattezza. Questo momento è arrivato inaspettatamente in una fase della mia vita che, forse,
corrisponde a quella della cosiddetta maturità, in cui ci si sente finalmente liberi di scegliere e
di rischiare, senza temere il confronto con il proprio passato. E' stato un viaggio speciale, sia
umanamente che professionalmente, un’occasione che mi ha dato la possibilità di riportare alla
luce i resti di un piccolo scorcio di città che si affaccia sul Seno di Ponente, protetto da un
porto sicuro ed insieme riappropriarmi di un pezzo di storia di un passato che mi riguarda.
Scendendo in profondità nelle viscere di una città così immensamente ricca di storia, a cui
io sento di appartenere ed in cui mi sento sempre accolta, si percepisce da subito quanto
ancora c’è da scoprire e conoscere. La terra restituisce informazioni preziose che ci permettono
di risalire a ritroso nel tempo ed entrare in contatto con la città, il suo porto, la vita di chi l’ha
abitata, costruita, demolita, conquistata, governata, abbandonata e fatta rinascere. La sua
storia merita di essere degnamente raccontata per essere apprezzata fino in fondo da chi ci
vive e da chi, solo di passaggio, possa condividerne la sua importanza.
Prima di partire per questo viaggio con destinazione Brindisi ho portato con me Ilaria,
Filippo, Adele e Stefania, conosciuti durante scavi fatti fra Roma e la Sicilia. E’ stata la scelta
giusta e con i miei compagni di viaggio ho condiviso in questi mesi, sentendomi anche io un
po’ forestiera nella mia città, la scoperta, l’entusiasmo, il piacere, la curiosità di vivere in pieno
tante belle esperienze extra lavorative, che lascerò, però, a loro il privilegio di raccontare.
Ma prima di ascoltare le impressioni dei ragazzi chiedo ancora a Paola che ha diretto
e coordinato il lavori di scavo all’interno della Casa del Turista. Pochi sanno cosa è
stato portato alla luce....
La storia del complesso della Casa del Turista (ex Scuola Marinara) con la sua bella
facciata in blocchi di carparo che prospetta sul porto interno del seno di Ponente, è molto
suggestiva; è stato un vero privilegio entrare in contatto con quel luogo, lavorare all’interno di
quelle mura spesse e irregolari, intervallate da archi e colonne, che oggi si trovano incorporate
nell’isolato compreso tra l’attuale Viale Regina Margherita e la via di S. Chiara. E’ stato
emozionante provare a ricostruire le vicende di un edificio che, grazie alla sua strategica
posizione, ha avuto un ruolo storico fondamentale per lo sviluppo della città, a partire dall’età romana fino ai nostri giorni.
Puoi dirci quali sono le origini del sito che oggi è denominato “Casa del Turista” e
cosa avete scoperto?
Le nostre indagini hanno permesso di ripercorrere a ritroso nel tempo la sequenza delle
fasi di frequentazione del sito e ricostruirne la successione cronologica. In questo viaggio nel
tempo abbiamo individuato le tracce più antiche risalenti all’età romana documentate da
strutture databili al primo secolo d.C. Attraverso il rilevamento, lo studio e l’analisi dei resti
murari è stato possibile definire lo sviluppo planimetrico di alcuni spazi pertinenti all’impianto
di un edificio di carattere pubblico, la cui dislocazione lungo la linea costiera, all’interno del
seno di Ponente, rende plausibile l’ipotesi di una destinazione d’uso di tipo commerciale,
verosimilmente legata alle attività portuali della città romana.
La distruzione di tale edificio, documentato da strati di crollo, sarebbe collocabile fra il III e
IV secolo d.C. Sugli accumuli di macerie e di interri, livellati e spianati, vengono creati nuovi
contesti edilizi con spazi destinati allo svolgimento di attività produttive, legate, con molta
probabilità, alla lavorazione di metalli; ipotesi motivata dalla presenza di molte scorie di
bronzo ed un numero elevato di monete oltre a materiale ceramico databile al V-VII secolo
d.C.
La continuità di vita e la destinazione d’uso del sito adibito a lavorazioni artigianali
prosegue anche in età medievale. Lo documentano la presenza di strutture e strati di terra
che hanno restituito materiale ceramico ascrivibile ad un periodo compreso tra il XIII ed il XVI
secolo. A questo stesso ambito cronologico si riferiscono le sepolture d’inumati rinvenute
all’interno del cortile, nel quale era stata ricavata una piccola area cimiteriale.
Rimanendo sempre in età medievale, di grande interesse sono i resti strutturali pertinenti
all’impianto di una chiesa, rinvenuti quasi completamente incorporati nella Casa del turista e
nell’edificio attiguo (Palazzo Bono, ex Palazzo Cocotò). E’ molto plausibile che si tratti della
chiesa intitolata a S. Giovanni dei Greci, definita anche prope litus maris, seu barcaturo,
documentata già nel 1260 nel Codice Diplomatico Brindisino, in un elenco di chiese soggette a
decime nei confronti della cattedrale brindisina.
Fino al XIV secolo la storia del sito e della chiesa stessa sono strettamente legati alle
proprietà e all’influenza dei Templari, ordine monastico cavalleresco fondato nel XII secolo a
Gerusalemme; a seguito dello scioglimento dell’ordine avvenuto nel 1315, i beni dei Templari
vennero incamerati dai Gerosolimitani che trasformarono il complesso in un ospizio con
annesso edificio di culto, rimasto funzionante fino al XVI secolo.
Le fonti scritte ci danno notizie di un restauro della chiesa di S. Giovanni avvenuto dopo il
terremoto che colpì Brindisi nel 1743, mentre la sua demolizione avvenne a seguito
dell’acquisizione nel demanio nel 1877 e dell’acquisto dell’edificio adiacente da parte di
Spiridione Cocotò, console greco e commerciante di carbone. Il successivo proprietario dello
stabile fu l’avvocato Ugo Bono che reimpiegò agli inizi del ‘900 alcuni resti della chiesa per
abbellire il cortile del suo stabile. In quegli stessi anni l’ospizio fu adibito a “Scuola Marinara”
con alcuni locali destinati ad abitazione, ma è solo dopo la ristrutturazione dell’intero
complesso avvenuta nel 2000 che la Scuola Marinara prende il nome di “Casa del Turista” e
viene destinata ad uffici per le attività turistiche.
Ed ecco giunti al termine della ricostruzione storica di questo frammento di città….
Al termine di questa indagine sono rientrata a Roma portando via con me i ricordi di
un’esperienza intensa e coinvolgente che mi ha reso più forte e consapevole di me stessa e del
mio lavoro. Ma non ho fatto in tempo a rientrare nel calore della mia casa, a immergermi nei
ritmi della città, a riabituarmi ai suoi rumori, a godere dei suoi colori e della sua luce, che mi
sono ritrovata nuovamente catapultata a Brindisi. Ancora una volta qui, a distanza di
brevissimo tempo, per intraprendere un nuovo “viaggio”, chiamata per indagare un altro pezzo
di città.
Allora oggi sei ancora qui per lo scavo sul lungomare Regina Margherita. Riguardo
questo sito si è detto e scritto molto negli ultimi mesi. Cosa mi puoi dire?
Si, mi trovo nuovamente davanti alla Casa del Turista, ma questa volta non più protetta
dalle sue poderose mura. Sono all’esterno, esposta ai venti, alle correnti, alle voci, al traffico di
Viale Regina Margherita, il lungomare del seno di Ponente, impegnata in uno scavo che
rappresenta il più grande intervento di archeologia urbana e preventiva allestito in città, nel
suo centro storico e lungo la passeggiata tanto amata dai brindisini.
Al di sotto delle lastre di pietra lavica, rimosse per il rifacimento della pavimentazione
stradale, sono emerse strutture riconducibili ad alcuni contesti edilizi ben definiti realizzati alla
fine del 1700, nell’ambito dei lavori di riassetto urbanistico della città voluti dal re di Napoli
Ferdinando IV. Gli scavi hanno finora messo in luce, nel tratto compreso fra Palazzo
Montenegro e l’Hotel Internazionale, il muro di delimitazione della precedente banchina
portuale, su cui s’innestano a distanza regolare i moletti di attracco per le imbarcazioni e,
davanti a Palazzo Montenegro, un edificio a cisterne con ambienti ipogei voltati, realizzato nel
1798, su progetto dell’ing. Carlo Pollio, incaricato dal re di completare le opere di bonifica del
porto di Brindisi già avviate dal Pigonati.
I lavori procedono a ritmi serrati, si scava, si documenta e, in accordo con la
Soprintendenza Archeologica, si pensa anche a come valorizzare ciò che finora è emerso. Nel
contempo, si va avanti con tutte le altre lavorazioni previste nel progetto di restyling, facendo
confluire le energie verso un unico obiettivo che è quello di restituire alla città il lungomare di
Viale Regina Margherita con un percorso più funzionale, realizzato nel rispetto di quanto è
stato, e ancora verrà riportato alla luce con le indagini archeologiche in corso.
Da Capo Boeo al Seno di Ponente, passando per Campo dei Fiori…. Persone di
provenienza diversa, che dopo lo scavo della Casa del Turista si ritrovano ancora qui.
Continuo con Ilaria, che vive a Roma ma aveva già lavorato a Brindisi. Cosa ti ha
portato qui?
Il mio primo arrivo a Brindisi risale a quasi dieci anni fa: un passaggio rapido dalla stazione al
porto, in un torrido pomeriggio d’agosto, diretta in Grecia. Quella volta il ricordo di questa città
si limitò al Corso deserto, con pochi bar aperti per i turisti in transito verso altre località di
vacanza. Ho conosciuto meglio Brindisi qualche anno dopo, quando sono tornata trasferendomi
anche per lunghi periodi dalla provincia di Roma, per lavorare qui con Paola. Una professione particolare, quella dell’archeologa, che mi porta sempre a contatto con la storia anche
antichissima di città e territori e che mi spinge sempre ad estendere la conoscenza ad altri
aspetti dei luoghi in cui lavoro.
Filippo e Stefania, siciliani, arrivati qui dopo una telefonata ricevuta da Paola:
“Ragazzi volete venire a lavorare a Brindisi?”
Una domanda a bruciapelo, con una risposta immediata e data quasi senza riflettere.
Abbiamo conosciuto Paola a Marsala durante i lavori di scavo al Parco Archeologico di Lilibeo.
Ci ha invogliato l'idea di una nuova esperienza lavorativa, la prima fuori dalla nostra amata
Sicilia.
Ilaria, Filippo e Stefania, in voi ho colto da subito entusiasmo e curiosità,
raccontatemi cosa avete visto.
A Brindisi abbiamo cercato di vedere il più possibile. Oltre ai monumenti ed ai resti
archeologici più evidenti e valorizzati, come l’area archeologica di San Pietro degli Schiavoni, le
colonne romane, la Cattedrale, Palazzo Nervegna, abbiamo scoperto veri e propri tesori
artistici, che meriterebbero la visita anche di coloro che “passano” in questa città per poche
ore: il tempietto medievale di San Giovanni al Sepolcro, che appare all’improvviso in una
piazzetta tra i vicoli della città, la Chiesa del Cristo con la sua facciata romanica, situata a
ridosso delle antiche mura, nascosta dietro l’angolo di un edificio; il chiostro medievale della
Chiesa di San Benedetto, aperto purtroppo solo poche ore al giorno; i bellissimi affreschi della
Chiesa di Santa Maria del Casale, che raccontano tra le immagini sacre la vicenda storica delle
Crociate. E verso il mare l’area delle fornaci di Apani e Giancola, le splendide spiagge d’estate
e il mare d’inverno con le soste al lido dell’Arca di Noè aperto tutto l’anno.
Il vostro lavoro vi ha permesso di apprezzare più di altri la storia, ma qui avete
vissuto anche il suo quotidiano e i suoi sapori….
Si, la scoperta della città si è estesa anche ai sapori, ed è diventato quasi un gioco la ricerca
dei posti in cui trovare i migliori pasticciotti, focacce, rustici, orecchiette, burrate e
stracciatelle, tarallucci… delizie di cui abbiamo fatto scorta tornando a casa. Prima di
cominciare a lavorare nello scavo il nostro arrivo è stato accolto dal rito della focaccia con la
cipolla mangiata sul porto al tramonto, una visione unica che abbiamo avuto la fortuna di
conoscere nel periodo dei festeggiamenti del Santo Patrono. E insieme ai sapori abbiamo
vissuto il quotidiano, il fermento di altre attività come le mostre fotografiche, gli incontri
pubblici e le manifestazioni di associazioni e movimenti che a Brindisi lottano per migliorare la
qualità della vita. Spesso i brindisini stessi criticano la scarsa partecipazione dei loro
concittadini alle vicende politiche della città, eppure abbiamo conosciuto persone combattive,
decise a far sentire la propria voce sulle decisioni che riguardano in primo luogo l’ambiente,
per allontanare per sempre dalla città lo spettro dei grandi impianti industriali. E’ stato un
piacere aver partecipato attivamente e in prima persona alle manifestazioni di No al Carbone
indossando le magliette e pedalando per la città. Brindisi, la città dei contrasti.... ricca di storia
ma circondata dall'industria “cattiva” e a pochi chilometri un mare limpido e meraviglioso,
come quello di Apani, località resa unica dalla falesia rossa.
Cosa non avete visto e cosa non avreste mai voluto vedere….
Non siamo riusciti a vedere il Castello di terra, quasi impossibile da visitare, inaccessibile. Di
certo non avremmo mai voluto vedere in che condizioni versa il Castello di mare, unico nel suo
genere, in totale stato di abbandono, che in quel periodo era aperto al pubblico solo una
mezza giornata, feriale, a settimana. Non avremmo mai voluto vedere le porte di calcio
segnate con la vernice spray lungo l’antica cinta muraria in via Cortine, vicino Porta Lecce.
Non avremmo mai voluto vedere la zona industriale che incombe sulla città, di cui nessuno
parla, a parte le associazioni e i manifestanti di No al Carbone e di Brindisi Bene Comune.
Un vostro messaggio a chi legge?
Speriamo che la città riscopra la bellezza e l’unicità dei suoi paesaggi e della sua storia, che
non venga più offesa da industrie nocive, deturpata da trivelle nel mare alla ricerca di petrolio,
devastata da impianti fotovoltaici sorti in mezzo agli ulivi e vicini a zone di interesse
archeologico.
A conclusione di questa intervista rifletto su ciò che mi accomuna ai quattro amici. Aver
vissuto lontano da Brindisi per tanti anni ed esserci ritornata, per nostalgia della luce, per il
bisogno vitale del colore del mare e di un orizzonte come “spazio verso l’infinito”. Per la
sensazione di libertà che offre solo una città di frontiera - come tutte le città di mare - anche
nel suo caos, nata da una contaminazione di popoli testimoniata dalla storia. Quella storia che
insieme a loro quattro ho davvero “toccato” con maggiore consapevolezza.
In questi anni ho osservato tutto, ho preso il meglio e visto il peggio, ho contato il tempo che
ci è voluto per migliorare qualcosa e il tempo che è passato senza poter fermare il degrado.
Ho lottato con altri, ma non sempre è bastato. Quello che spero è che quel “popolo dormiente”
si svegli e che riesca ad invertire la rotta con tutte le sue forze. Basta con le scuse e con le
deleghe…
Ida Santoro
Brindisi, 23 aprile 2012
Nota:
Paola Palazzo, archeologa, nata a Brindisi vive a Roma
Ilaria Barbaresi, archeologa, nata a Roma vive a Brindisi
Filippo Pisciotta, archeologo, vive a Partanna (Trapani)
Stefania Pipitone, architetto, vive a Marsala (Trapani)
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