Approfondimenti » 26/10/2008
San Pelino Vescovo di Brindisi. Di Aldo Indini
Pelino nacque a Durazzo, sotto l’impero di Costantino Magno.
Allevato in buoni costumi dai suoi genitori Elladio e Satira e nelle lettere, sotto la disciplina di San Basilio.
Per sfuggire alle persecuzioni dell’empio Apostata Giuliano contro i cristiani, stimolato dallo zelo e la salute delle anime, decise di navigare verso l’Italia, dirigendo il cammino verso Brindisi, unico rifugio per i cristiani, insieme a quattro compagni tra i quali il suo allievo di nome Cipro.
Fu benignamente accolto dal Vescovo di Brindisi che era già informato delle qualità del suo ospite.
La chiesa di Brindisi fu fondata nell’anno di Cristo 184 da San Leucio, che fu il primo Vescovo della città. Seguirono: Leone 172, Sabino 182, Eusebio 202. Vi è un vuoto dal 202 al 350, quando si conosce il Beato Aproluco, che reggeva detta chiesa, il quale riceve Pelino.
Aproluco di età cadente, era impotente al gran peso della chiesa di Brindisi, vide la santità, la prudenza la scienza di Pelino, pensò di deporla alle sue giovanili forze che, con applauso del clero e del popolo della città, accettò di essere il successore di Aproluco.
Per convalidare l’elezione si recarono a Roma ove ottennero dal Pontefice Liberio I, la conferma della nomina di Pelino a Vescovo di Brindisi.
Al rientro a Brindisi, presso Azio, moriva il Beato Aproluco a cui fu eretto un tempio, in suo onore.
Dopo alcuni mesi, mentre il Vescovo Pelino si recava a Brindisi, fu fermato dal Prefetto Simpronio dell’empio Giuliano che lo prese e gli impose di adorare degli idoli.
Per quanto concerne il martirio a cui fu sottoposto il Vescovo Pelino, tra i vari racconti, mi soffermo a quello dello storico brindisino Andrea della Monaca, che lo menziona nella sua Memoria Storica, del 1676, ed in sintesi riporto quanto appresso.
"Rifiutando il Santo di adorare gli idoli, gli furono per ordine del Prefetto spezzati tutti i denti e così ridotto fu poi portato al tempio di Giove per offrire incenso, ma appena il Santo Pelino pose il piede alla soglia del tempio, uno spaventoso terremoto gittò a terra il simulacro di Giove ed il tempio rovinò dalle fondamenta.
Inferocito il Prefetto Simpronio lo fece legare in una ruota cinta di 140 denti di ferro, ordinando di raggirarlo in essa sin tanto le carni e le ossa cadessero in terra a pezzi, ma fu la ruota che si spezzo ed uno dei denti ad essa saltando, colse il tiranno. Avendo visto che nel corpo non c’era neanche un livido, lasciò libero il santo che nei giorni successivi quattordicimila e seicento persone ricevettero il battesimo.
Con una simile vittoria, fece ritorno a Brindisi.
Ma Giuliano saputo che Pelino non aveva ubbidito ai suoi ordini, mandò contro di lui il Capitano Aureliano ed il Tributo Massimo, con cinquecento soldati che giunti a Brindisi legarono il Vescovo Pelino e partirono per Roma. Per strada, Pelino convertì Aureliano che fu battezzato insieme ai cinquecento soldati.
Venutone a conoscenza il Tributo Massimo, inviò i suoi soldati per uccidere Aureliano ed i soldati battezzati, ma prima di tutti per uccidere il Vescovo Pelino.
Alla Via Ardeatina, in un luogo chiamato Catacombe, Massimo ordinò che i seguaci di Pelino compreso Aureliano, fossero segati per mezzo, affinché conducesse a Roma la sua carneficina come segno di trionfo.
Consegnato Pelino al giudice Corniculario e condotti in Corsinio città dei Peligni a ciò fossero sacrificati a morte, ma anche qui il tempio rovinò come era avvenuto con quello di Giove. Infuriato il giudice dopo averlo fatto battere crudelmente le infissero ottantacinque ferite concludendosi la sua felice morte il 5 dicembre (364) e nel luogo ove fu martoriato venne eretto un tempio.
Rientrato a Brindisi il suo allievo Cipro, raccontò la fine del Santo Martire Pelino e avendo il Clero ed il popolo visto in lui le virtù e doti del Suo maestro, Cipro divenne il Vescovo di Brindisi successore di Pelino, edificando una mobilissima chiesa che oggi per la negligenza di chi doveva conservarla è distrutta".
Rimaneva immagine di quel Santo Vescovo di Brindisi, insieme con San Leucio a rilievo sull’urna di argento che accolse i resti di San Teodoro ne XIII secolo, inoltre in un grande drappo a grandezza naturale, sempre con San Leucio, drappo appeso, attualmente, nell’aula magna del vecchio seminario. Nella Cattedrale fu dedicato nel 1771 un'altare, ancora oggi integro, nell’ abside laterale che chiude la navata sinistra (prossimo all’ingresso alla sacrestia) ove è rappresentato il martirio del Santo in una tela dipinta da Orenzo Niso. Di San Pelino in Cattedrale si conserva una reliquia.
Le reliquie di San Pelino poi vennero traslate a Valva, attuale Corfinio, Sulmona, ove il suo corpo è venerato attualmente nella cattedrale al Santo dedicata: “ S. Pelino Brundusii Episcus Pelignorum Protector” e dove, in un codice membranaceo del IX secolo, “Passio Sancti Peligni”, sono narrati anche la vita e il martirio del Santo, la cui festività ricade il 5 dicembre. Nel Comune di Avezzano in provincia dell’ Aquila, una frazione, importante centro, veniva intestata a San Pelino.
Ed a Brindisi, dove Pelino ritenuto principale protettore della città, insieme a Leucio, nel 1957 con l’installazione sul sovrastante prospetto della Cattedrale dei quattro santi venerati a Brindisi: Leucio, Pelino, Teodoro e Lorenzo, Pelino venne sostituito con Pio X e nel rifacimento dell’anno 2007, a sua volta Pio X venne sostituito da San Giustino de Jacobis. Queste sostituzioni pongono fine alla storia, nella nostra città, del Santo Martire Pelino Vescovo di Brindisi.
Aldo Indini
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