Arte » 17/10/2002
Massimo Guastella: il rilievo di Amerigo Tot sulla facciata del Teatro Comunale di Brindisi
In una delle più vecchie case della città di Pècs , in Ungheria, a 200 km dalla capitale, si trova il Museo Amerigo Tot, comprendente l'opera completa dello scultore e pittore magiaro, di fama internazionale, nato nel 1909 e scomparso nel 1984. Un museo permanente dedicato dallo stato ungherese a uno dei suoi più grandi artisti contemporanei.
Tot ha vissuto e lavorato per molti anni in Italia sino alla sua scomparsa.
Aveva il suo studio a Roma.
Molte sue opere sono conservate presso musei e collezionisti privati in tutto il mondo e in questi giorni è in corso, sino al 20 ottobre, presso il Civico Museo Parisi Valle di Maccagno, in provincia di Varese, la mostra "Figure tra le carte. Maestri del '900 nelle collezioni del museo", in cui sono ordinate numerose opere su carta (pastelli, matite, inchiostri, ecc.) di importanti maestri che negli ultimi cinquant'anni hanno delineato la storia dell'arte italiana; oltre alle opere di Balla, De Chirico, Fiume, Guttuso, Fazzini, Birolli, Cassinari, Franchina, Leoncillo, Levi, figurano anche quelle di Amerigo Tot. Né mancano opere di più ampia diffusione, dai temi sacri alle medaglie in edizioni pregiate a tiratura limitata.
Un artista di chiara fama la cui produzione ha indagato l'astrazione e la figurazione e a cui la letteratura artistica ha riservato studi di sicuro interesse, si vedano ad esempio le 142 pagine del catalogo monografico che illustra l'opera di Tot, curato da G. Vigorelli nel 1978, per i tipi delle Edizioni Carte Segrete. Ma anche i navigatori della rete possono rendersi conto del portato culturale dell'artista ungherese.
Qui soprattutto voglio rammentare che è suo il bassorilievo "di lontana ascendenza futurista", come è stato definito, posto quale fregio sulla pensilina della Stazione Termini a Roma, un'opera d'arte contemporanea, quotidianamente affatto tra le più viste, che, sulla traccia segnata da altri artisti, ricompone il sempre importante dialogo fra architettura e arti visive.
In quest'ottica e con similari cifre stilistiche s'inserisce il rilievo che Amerigo Tot ebbe da eseguire per la facciata del Nuovo Teatro "sospeso" di Brindisi, progettato dall'architetto Nespega; una complessa vicenda costruttiva che va dagli anni Settanta agli Ottanta e ancora in attesa di esistere per la collettività. Tot realizzò, come nei suoi modi, un pannello monocromo composto, in impasto cementizio vinato, da una successione di piani sovrapposti, secondo un delicato andamento geometrico modulare.
Al pari delle sculture eseguite per la città da Avenali, il Monumento ad Aldo Moro, e da Bodini, il Monumento a Virgilio, si trattava di un'autentica testimonianza, in una città avara di cultura artistica del presente, d'uno dei linguaggi storici della contemporaneità.
Scrivo si trattava poiché d'ora in poi l'opera, non considerata nella sua valenza estetica, nella sua originalità e unicità, nella sua autenticità è stata scelleratamente deturpata nell'ambito della manutenzione progettata per la prossima, sospirata inaugurazione del Teatro comunale che avverrà in occasione della visita del Presidente della Repubblica Ciampi a Brindisi.
Il rullo d'un inconsapevole operaio, comandato inaspettatamente da una direzione lavori, ancorché incompetente a intervenire sulla manutenzione d'una opera d'arte palesemente ignorante (sfido chiunque a denunciarmi per diffamazione a mezzo stampa affinché sia la magistratura ordinaria a verificare l'entità della manomissione perpetrata su un'opera d'autore), ha velato quasi del tutto con una disgraziata vernice scura, coprente la superficie del rilievo e quindi l'originale cromìa ideata da Tot. Ne risulta appiattito il valore plastico e non di meno sono compromessi i giochi chiaroscurali provocati dalle dinamiche degli incavi.
Ma è soprattutto la materia dell'opera a perdere la gran parte del suo significare. Nella storia dell'arte contemporanea la materia si propone svincolata da qualsiasi bisogno referenziale: elemento naturale o composto sintetico, levigata o ruvida, nobile bronzo o sostanza vile, cemento, ferro, sacco, plastica e così via, monocroma o policroma, la materia nell'intenzionalità dell'artista si mo-stra per avvalorare le sue qualità in superficie, per interagire con linee, forme, colori. La materia non è medium espressivo ma essa stessa il contenuto dell'opera. E ciò equivale anche per il materiale scelto da Amerigo Tot per l'opera brindisina; averla coperta corrisponde a negare il valore stesso dell'oggetto d'arte e apre le problematiche sulla rispettosa considerazione e filologica conservazione dell'arte contemporanea.
E qualcosa di simile è accaduto anche nella improvvida manutenzione del Palazzo di Giustizia brindisino progettato da Sergio Lenci e Carlo Aymonino.
Affermava Amerigo Tot: "Ho scagliato pietre e bronzi su piazze e musei, al vecchio e al nuovo, ma quello che avverrà ancora non so".
É avvenuto l'irreparabile: la sua arte non è stata considerata tale ma confusa con un orpello decorativo di seriale fattura artigianale da riverniciare in tinta con il sostegno metallico che lo incornicia! É la smania del fare che sopraffa la riflessione e la pianificazione su quel che s'ha da fare.
É intollerabile e le responsabilità devono aggallare!
Massimo Guastella
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